Amici lettori che vi piaccia o no ormai la notizia è acclarata: in radio c’è
un pulcino, è il pulcino Pio. Il simpatico animale in compagnia dei suoi amici
si ripropone in una nostalgica cover della vecchia fattoria dove ogni animale
propone il suo tipico verso e dove il finale inatteso riscuote una discreta
dose di ilarità. Mettici poi uno stornello che ti penetra nel subconscio e che
una volta assorbito non riesci più a scrollartelo dalla mente e il gioco è
fatto.
E via. La canzone del Pulcino Pio riecheggia praticamente ovunque: nei bar,
nei pullman, nelle discoteche, sulle spiagge, sotto la doccia, negli i-pod, sul
web….
Come spesso ci accade, andiamo ad analizzare da un punto di vista
comunicativo il fenomeno massmediologico del Pulcino Pio, rilevando che esso è
divenuto ciò che si definisce un vero e proprio tormentone! C’è chi lo ama e chi lo odia, chi lo apprezza
e chi lo detesta, sta di fatto che il tormentone è entrato a pieno titolo nella
nostra quotidianità.
Un tormentone è definibile come una frase, una canzone, uno slogan o una
musica che, in seguito ad un forte impatto e ad una sua continua
riproposizione, va a stamparsi nella memoria degli individui; i quali sono
quasi costretti a riceverlo per poi riprodurlo istintivamente, calandolo
all’interno dei loro registri comunicativi.
Una facile deriva lessicale della parola “tormentone” ci riporta al
sostantivo “tormento”, il quale assume delle connotazioni tutt’altro che
positive; difatti esso rimanda a termini come: tortura, dolore morale o
fastidio.
Ma allora viene da chiedersi: Perché un qualcosa di negativo deve avere una
diffusione così capillare?
Probabilmente perché il tormentone è considerabile come un piacevole fastidio, nel senso che il suo tormento ha
in realtà delle origini piacevoli. Un tormentone, infatti, comincia ad essere
tale in quanto apprezzato e gradito dal pubblico.
Una semplice frase, ad esempio, diviene tormentone perché impatta ed eccita
i destinatari che raggiunge, i quali rimangono talmente colpiti da essa da
associare al senso di piacere che li ha invasi, la sua fedele riproduzione
all’interno del loro gruppo di appartenenza.
Tale assimilazione diventa pressoché obbligatoria sia perché è impossibile
sottrarsi all’invasione del tormentone trasmesso dai diversi mezzi di
comunicazione, sia perché esso entra così violentemente nel parlare quotidiano
che il non accettarlo o il non conoscerlo comporterebbe l’immediata uscita dal
dialogo.
Il tormentone in
pubblicità
Traslando quanto detto al contesto pubblicitario, dobbiamo dire che
anch’esso nei messaggi che propone non fa altro che generare continui
tormentoni. Infatti, l’impatto che uno spot esercita sui soggetti e la continua
trasmissione dello stesso hanno come conseguenza la creazione di slogan e motti
che seguendo il solito iter: impattano, piacciono, vengono assimilati,
ricordati ed infine ripetuti.
Spesse volte l’umorismo è un elemento essenziale che permette ad una
frase o ad uno slogan di divenire tormentone. Questo perché un tormentone come
visto, all’inizio deve essenzialmente piacere, ed il divertimento suscitato
dall’umorismo è l’elemento che forse meglio di tutti provoca tale goduria. Una
frase divertente, infatti, fa inizialmente ridere, poi, la continua
proposizione della stessa porta l’individuo a memorizzarla e quindi a
riproporla nei confronti di quelle persone che di sicuro la condivideranno, in
quanto membri della stessa collettività e quindi in possesso di stessi gusti,
di stesse preferenze e di stesse personalità.
In tal senso chi non condivide il tormentone è fuori dal gruppo.
L’aspetto fondamentale, però, è che lo spot, o lo slogan che lo
caratterizza, debba riferirsi saldamente al prodotto da reclamizzare affinché
la memorizzazione e la diffusione del tormentone coincida con la memorizzazione e la
diffusione del prodotto.
In caso contrario si verificherebbe ciò che in un precedente articolo
abbiamo definito l’effetto vampirizzazione (http://comefarepubblicita.blogspot.it/2012/08/non-sono-tuo-padre-sono-tua-madre.html)
e il messaggio pubblicitario avrebbe fallito il suo scopo.
In conclusione dobbiamo dire che fortunatamente alcuni dei tormentoni più
demenziali non attecchiscono su tutti, tant’è che chi vi scrive è uno di quelli
che è rimasto saldamente impermeabile alle lusinghe del Pulcino Pio. Credo che
sia inammissibile canticchiare un così insulso stornello.
Dunque, a questo punto, avrei dovuto scrivere il finale di questo articolo
ma purtroppo non ricordo come dovevo concludere… ho un improvviso vuoto di
memoria… mi rimbalza nella mente solo uno strano motivetto: “e il toro
muu e la mucca moo, l’agnello bee e la capra meee e il cane bau bau, il gatto
miao, e il piccione tru e il tacchino glu glu glu e il gallo corococò, e la
gallina cò e il pulcino pio, il pulcino piooooooo….”
Chissà che sarà…
https://bellefamosecitazioni.blogspot.com/
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